officina della comunicazione

Scambiare per cambiare? Ecco il differenziale.

CHARLIE'S SUGGESTION

Oggi, nella nostra Officina della Comunicazione, abbiamo deciso di raccontarvi di cosa ci occupiamo nell’attività di progettisti della comunicazione d’impresa, soffermandoci in particolare su un intervento che noi chiamiamo “Group BlinkSolving”.

Un laboratorio di una giornata che, nella modalità del group coaching, ha la finalità di affiancare i professionisti nell’analisi strategica del loro obiettivo o progetto professionale. Giusto per non perdere il filo del discorso, l’Officina della Comunicazione Blink, che poi saremmo noi, si occupa di sviluppare rappresentazioni imprenditoriali che siano sostenibili per l’impresa stessa sul mercato di riferimento. E per toglierci dalla scomodità del nostro passato di agenzia di comunicazione, oggi limitante nel descrivere il nostro focus di intervento, così come desiderosi di non essere confusi per approccio con gli amabili trend setter così in voga nell’attuale panorama della comunicazione, abbiamo deciso di abbracciare una definizione che meglio esprime la nostra proposizione di valore, ovvero paradigm strategist di impresa. Ora la domanda potrebbe essere “e cosa c’entra il professionista con l’impresa?”. Al di là del fatto che, rimanendo sul gioco di parole, trovare la propria collocazione nel mercato del lavoro oggi sia un’impresa, noi pensiamo che la principale abilità da allenare sia proprio il saper fare impresa, ovvero il saper progettare la propria identità di mercato. E in questa logica, rientra il Group BlinkSolving per l’appunto, uno degli interventi brevi che OdC Blink mette al servizio dei professionisti che vogliano investire nella progettazione della loro idea di business o identità professionale.  Per raccontarvi un po’ di più di questa nostra iniziativa, ho deciso di intervistare Cristiana Giacchetti fondatrice e anima della nostra Officina che, in tandem con Cristina Vaudagna, main partner di Blink, guida il processo del Group BlinkSolving.

Cristiana, quali sono le motivazioni che vi hanno spinte a organizzare il Group BlinkSolving?

Diciamo che la prima motivazione è di carattere strategico, visto che di strategia ci occupiamo. Infatti nell’ambito delle differenti azioni da compiere sul mercato per sostenere il nostro riposizionamento da Agenzia della Comunicazione a Officina della Comunicazione, questa modalità ci sembrava, seppur non più intelligente di altre, certamente più funzionale all’obiettivo e al nostro modello di business. Se la differenza la fai sull’intervento e l’approccio, è importante che il mercato che stai costruendo abbia l’opportunità di misurarti e quindi di esperirti da quel punto di vista. Così abbiamo scelto di utilizzare la relazione nella sua forma originale, invece che puntare sullo scintillio di comunicazioni sfavillanti.

Correggimi se sbaglio, ma c’è anche una finalità di ricerca sul campo. E’ corretto?

Esatto ed infatti arriviamo alla seconda spinta che ci ha portato a investire il nostro tempo in questa importante ed interessante iniziativa. Operando nell’ambito dei processi di comunicazione più che nella comunicazione tout court, non ci possiamo esimere dal portare attenzione su quella che potremmo definire l’unità di misura della comunicazione stessa, ovvero l’individuo, e su come la persona, rimanendo sull’esempio in questione, ovvero quello dell’ambito professionale, opera la costruzione comunicativa del suo essere professionista e, quindi, come si rappresenta in relazione al mercato, oltre che come percepisce quest’ultimo. Il Group BlinkSolving va proprio in questa direzione, perché ci consente di osservare le dinamiche in atto nel sistema-mercato andando ad arricchire la nostra “cassetta degli attrezzi” dell’intervento. In questo modo, quando interveniamo in un determinato contesto, sia esso professionale o imprenditoriale, utilizziamo l’ampliamento dei punti di vista per adattare il nostro modello ai differenti contesti, che è molto diverso dal proporre metodologie totalizzanti e generalizzanti alle quali adattare, al contrario, il contesto in cui si interviene.

A proposito di contesto, dal punto di vista di mercato, cosa vi ha stimolato nella realizzazione del Group BlinkSolving?

Dal nostro punto di vista il lavoro viene raccontato in una maniera inadeguata a sostenere un processo di cambiamento del lavoro medesimo. Quindi in tal senso abbiamo scelto di comportarci come il decimo uomo: se in una stanza 9 persone arrivano tutte alla stessa interpretazione dei fatti, è compito del decimo uomo indagare confutando la posizione degli altri 9. Riportando l’esempio nel sistema professionale, se la visione comune, inclusi i provvedimenti governativi finora attuati in materia lavorativa, vanno nella direzione di “creare nuovi posti di lavoro”, noi sosteniamo un punto di vista differente che è quello di “creare nuove forme di lavoro”. Il che non vuol dire escludere tutto il resto. Infatti oggi i professionisti hanno necessità di essere sostenuti da attori diversi che, con strumenti qualificati e altrettanto differenti, li affianchino. Noi di OdC Blink reputiamo di poter fare la differenza nella progettazione e, pertanto, immaginando che i professionisti che ci cercano preferiscano costruire la realtà da agire piuttosto che adattarsi alla realtà che accade, il nostro obiettivo è facilitare la co-costruzione di strategie sostenibili sia verso sé stessi che verso il mercato cui si rivolgono.


photo credits: Riccardo Vainer 

In termini pratici come intervenite?

Andiamo a lavorare prima sulla relazione che il professionista ha sviluppato verso il tema dell’incertezza che, se da una parte è sinonimo di instabilità, dall’altra è anche collegato alla sua libertà espressiva. Poi si lavora sull’integrazione del capitale esperienziale che la persona ha sviluppato nel tempo rispetto al suo nuovo obiettivo o progetto professionale.

Il Group BlinkSolving, sebbene sia un intervento breve, lavora su entrambe le dinamiche: ristrutturazione e integrazione?

Sì, ovviamente con risultati proporzionali al tempo di una giornata. Quindi, da una parte favorisce l’interazione tra professionisti che, pur provenendo da esperienze e contesti differenti, stanno vivendo un processo di cambiamento, che può portare con sé passaggi di crisi e talvolta anche di confusione. Il confrontarsi consente di comprendere che il problema non è personale e, quindi, non si è soli rispetto al disagio, ma soprattutto nello scambio c’è una grandissima forza progettuale. E infatti dall’altra il laboratorio punta sul ripercorrere il proprio capitale esperienziale in modalità partecipata e strategica, facendo emergere, nuovamente nel confronto, ciò che del nostro passato può contribuire a costruire le fondamenta del nostro futuro professionale, anche quando quel passato sembra così distante da quello che stiamo pensando di progettare nel nostro domani. L’aver maturato un’esperienza diversa da quello che vorremmo essere non deve bloccarci rispetto alla nuova costruzione di noi stessi, come professionisti differenti, pur mantenendo ovviamente un principio di aderenza alla realtà.

Cosa intendi per principio di aderenza alla realtà?

Purtroppo oggi il mantra più gettonato, anche da autorevoli esperti, è “dobbiamo reinventarci una professionalità!” E invece passa una bella differenza tra inventarsi una professione e trasformare la propria identità professionale. Nel primo caso c’è un’improvvisazione che ci rende fragili perché sprovveduti e impreparati, per intenderci è come costruire una casa senza fondamenta oppure iniziando dal tetto. Mentre, nel secondo caso cui mi riferisco, c’è un processo di costruzione e integrazione che ci rende solidi perché abbiamo utilizzato la malta.

Mi potresti fare un esempio in tal senso?

Il primo esempio lo attingo dalla mia realtà professionale. Leggendo la mia bio si evidenzia che in passato sono stata anche producer, che sembrerebbe c’entrare poco con la mia attuale professione di paradigmist. Tuttavia chi bazzica l’ambiente delle produzioni, siano televisive, pubblicitarie o piuttosto di eventi, sa che il producer è fondamentalmente un problem solver, il quale, grazie ad una visione d’insieme, guida un numero elevato di persone verso un obiettivo comune. Dunque il paradigmist fa lo stesso sebbene in un campo differente, perché guida un processo che vede coinvolto un numero ridotto o elevato di persone, a seconda del contesto in cui si interviene, verso un obiettivo accordato. Un altro esempio lo prendo in prestito da una partecipante al Group BlinkSolving, la cui esperienza principale era nell’ambito commerciale della moda, la quale sta sviluppando un progetto professionale nel settore del benessere, due mercati che apparentemente sono molto distanti tra loro. Tuttavia dal primo settore porta con sé competenze commerciali oltre che comunicative utilissime allo sviluppo di relazioni del suo nuovo progetto. Ecco cosa intendiamo per capitalizzare le esperienze professionali integrandole in una differente identità di sé.

E per le competenze che mancano?

Come dicevo, non puoi improvvisare, ad esempio leggendo “le 5 regole d’oro per diventare…”, quindi o investi nell’acquisizione di tali competenze oppure crei una rete qualificata di competenze.

Quali strumenti si utilizzano nel Group BlinkSolving affinché emerga una differente visione del nostro essere professionisti?

Il principale è il feedback, perché nel laboratorio si ripercorre la propria storia professionale che è oggetto di feedback dei colleghi. Sembra scontato ma in realtà non lo è, visto che nella nostra cultura occidentale tendiamo a percepire il feedback come un giudizio, in quanto ci espone al rischio che non sia come te lo aspettavi o perché mette in evidenza delle criticità. E proprio per evitare il rischio di essere percepito come giudizio, bloccando più che aiutando l’altro, è essenziale imparare a dare riscontro. Non è un caso che Pascal parli del feedback come di un atto scomodo più per chi lo dà che per chi lo riceve. Per questo nel nostro intervento diamo a tale atto una connotazione costante e circolare, di modo che ci sia un allenamento continuo sia ad elaborarlo che a riceverlo. Inoltre, in termini di processo, è quello strumento che consente di andare a verifica di come gli altri ti percepiscono in funzione di ciò che tu hai scelto di raccontare o anche di non raccontare di te stesso.  Grazie a questo scambio narrativo il singolo acquista un valore differente in relazione al gruppo e viceversa.

Mi sembra di capire che il secondo strumento chiave del Group BlinkSolving sia lo scambio.

Noi spesso diciamo che “scambiare per cambiare” è il modo migliore per non barricarci nelle nostre credenze che limitano il cambiamento. Quindi direi che lo scambio è l’essenzialità del nostro approccio, qualsiasi esso sia, professionale, imprenditoriale, individuale o di gruppo. Nel Group BlinkSolving si lavora sulla gestione dell’oscillazione da un eccesso di entusiasmo ad una caduta libera nella demotivazione. Se da una parte l’entusiasmo rispetto al progetto rischia di offuscarci in merito alla valutazione di possibili ostacoli, dall’altra una visione eccessivamente pessimistica depotenzia il valore del progetto in termini di fattibilità. I partecipanti del laboratorio, per usare una metafora, assumono una funzione di specchio che consente all’altro o di vedere i possibili rischi sui quali andare a verifica oppure, caso opposto, di sgonfiare i limiti apparentemente insormontabili che vengono riportati ad un ordine di possibilità.


photo credits: Unsplash 

Quindi Cristiana, concludendo, se dovessi dare un feedback sul lavoro svolto con il Group BlinkSolving, come valuteresti i risultati ottenuti?

Da un punto di vista professionale il risultato è impagabile, perché ci ha permesso, grazie ai feedback ricevuti da chi ha aderito, di validare sul campo il nostro differenziale. Mentre da un punto di vista dei partecipanti, non credo che il risultato si possa limitare nel fare sondaggi o statistiche, tipo su X partecipanti, il % ha ottenuto e l’altro % ha raggiunto. Penso piuttosto che ognuno abbia portato a casa il risultato di cui necessitava in quel momento.  Quindi ad esempio alcuni sono arrivati al laboratorio con una grande convinzione rispetto al progetto che stavano sviluppando per poi rendersi conto che stavano facendo il passo più lungo della gamba. Altri invece hanno rinforzato la motivazione a portarlo avanti. Altri ancora si sono resi conto che stavano investendo le loro risorse su qualcosa che era solo un ripiego. In generale, reputo che il Group BlinkSolving, grazie alla sua natura di processo volto a creare scambio, riflessione e costruzione, serva a non darsi per scontati rispetto a ciò che siamo e a ciò che potremmo diventare.

A cura di Ilaria Bo