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L’emporio narrativo di Giovanna

Entrare nella casa-showroom di Giovanna Carboni, architetto paesaggista e interior designer, è un po’ come poter visitare un piccolo museo con l’eccezionale autorizzazione a toccare tutti gli oggetti che stuzzicano la propria curiosità. Un emporio d’altri tempi, un’officina di storia dove industria e antiquariato trovano casa, aprendo una finestra comune sul mondo.

“Tutto ciò che vedete in questa casa è in vendita, eccetto il letto!” Ci accoglie così Giovanna, nuova Litestyler del progetto Silhouette, nella sua bellissima casa sulla rinnovata area della Darsena, a Milano. Uno spazio in cui ogni pezzo d’arredo e ogni oggetto proviene dalla sua ricerca sapiente tra mercatini, esposizioni e “cantieri fortunati”. Sono tutti pezzi originali, specchio genuino dei tempi cui appartengono ma che, al tempo stesso, riescono ad inserirsi armonicamente in un contesto contemporaneo senza sembrare mai fuori posto.
“Tratto solo pezzi unici perché hanno una storia da raccontare. Mi piace poter vedere il potenziale nascosto in ogni oggetto. Credo che ogni pezzo d’arredo, perfino il colore e la personalizzazione delle pareti, abbia qualcosa di interessante da raccontare: la storia della loro unicità”.
Il lavoro di interior designer di Giovanna si concentra, infatti, esclusivamente su pezzi unici, in cui vede un potenziale narrativo laddove le persone comuni potrebbero semplicemente sentenziare che un oggetto sia ‘brutto o bello’.

La storia di un oggetto per Giovanna non è fatta solo delle sue origini, della sua eccellenza, e dello stile a cui appartiene, ma comprende il momento in cui lei lo ha scovato (magari in una vecchia casa o in un mercatino d’antiquariato in cui nessuno gli aveva dato valore) e, infine, il motivo per il quale l’ha scelto.

Ma mai affezionarsi troppo agli oggetti, perché come sottolinea più volte Giovanna “bisogna saperli scegliere e sapersene privare. L’importante è affezionarsi al concetto che c’è dietro le cose”.

Il valore di un oggetto, senza considerare l’aspetto economico, cresce se esso è custode di una sua storia che si intreccia con la nostra, e il ricordo delle sensazioni, il vissuto, il concetto che c’è dietro non possono esaurirsi nel possederlo materialmente.

L’oggetto come storia contribuisce con significato, quindi, alla costruzione di un’immagine, quella della nostra casa, che poi è lo specchio di noi stessi e quindi della nostra rappresentazione che condividiamo con il mondo. L’omologazione che il mercato globale propone con i suoi prodotti su larga scala, a costi più o meno contenuti, riempie i nostri spazi di oggetti più o meno uguali, con cui difficilmente si crea un legame o se il legame si crea è di altro tipo. E nel momento in cui qualcuno dovesse chiedere “da dove viene quest’oggetto?” forse l’unica risposta adeguata potrebbe essere il nome della catena commerciale nella quale è stato acquistato.