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L’intermediazione è un’idea così inattuale?
Da più parti ci sentiamo ripetere che viviamo l’era della disintermediazione, una conquista consentita dalla diffusione di internet che si riflette nelle tendenze di business. Ecco che allora all’intermediazione tocca il ruolo di potentato da abbattere per l’ultima moda iconoclasta che si propaga dal mondo dell’acquisto di beni e servizi a quello della cultura fino a toccare il livello della politica. Sembrerebbe dunque che fondare la propria idea di business sul modello di intermediazione sia quanto di più inattuale possa essere immaginato da mente umana.
Eppure c’è stato chi, come il maître à penser Nietzsche, ci ha insegnato il portato di alto valore dell’inattualità contro l’utilizzo del pensiero dominante, questo sì volto a difendere posizioni di potere. E dunque ciò che nutriva la nostra avversione era il potentato o l’intermediazione? I costi dell’intermediazione sono un dato da stralciare in senso assoluto o da valutare di volta in volta in relazione al sistema di riferimento e ad altri valori, primo fra tutti l’utilizzo del nostro tempo?
L’idea che le nuove tecnologie consentano un accesso diretto allo svolgimento di molte attività che precedentemente richiedevano una mediazione fece introdurre a Paul Hawken il termine disintermediazione in “The Next Economy”, un testo del 1983. Lo sviluppo delle tecnologie in questi anni sembra riconoscergli il successo di tale utilizzo, se siamo disposti a non vedere che l’attività di mediazione si è spostata e, con essa, anche i costi, per questo ci sembra che siano stati fatti fuori.
Il tema dunque è l’avere un accesso diretto a tutto o poter scegliere la mediazione più efficace per sé?
Ed ecco il punto: poter scegliere e, quindi, avere le informazioni necessarie e sufficienti per scegliere, ma solo quelle e non tutte, applicando il criterio del “quanto basta” di artusiana memoria.
Come possiamo raggiungere tale punto quando ci mancano le conoscenze, le competenze e l’esperienza per poterlo fare? Vi sono ambiti nei quali colmare tali gap richiederebbe un tempo e forse anche delle capacità che non abbiamo? Se ci sono, possiamo decidere di affidarci ai produttori delle soluzioni, che ci venderanno la propria soluzione, assicurandoci che si tratta della migliore Soluzione esistente per il nostro bisogno o desiderio, oppure possiamo affidarci a chi ha l’esperienza, le competenze e le conoscenze per fare una selezione per noi sulla base di una sapiente analisi della nostra esigenza. Non è che quest’ultimo non sarà anche portatore di un proprio interesse individuale rispetto alla conclusione della nostra scelta, ma in questo secondo caso il processo di ricerca e selezione delle possibili soluzioni sarà di responsabilità di chi ha anche investito il proprio percorso professionale nella conoscenza dell’ambito che esprime quelle soluzioni, essendo però nella posizione di poter scegliere fra diversi produttori. E quale dei due processi è maggiormente delegante e più sfugge al principio di responsabilità?
Un esempio? Eccone uno che può toccare l’esperienza di un ampio spettro di acquirenti che operano nell’ambito aziendale: l’introduzione di tecnologie informatiche per la gestione dei dati e dei processi. Nel caso ci si rivolga a produttori di piattaforme, software e applicativi ci si troverà nella situazione di decidere l’acquisto di una loro soluzione e adeguare la propria attività alla soluzione offerta e, se la propria attività non si accorda con la soluzione acquistata, parafrasando Hegel, tanto peggio per l’attività. Se si ha la lungimiranza di rivolgersi a chi sia capace di intermediare la scelta, nel caso non ci si possa avvalere di una risorsa interna che abbia tali competenze, questo investimento consentirà di valutare i pro e i contro delle soluzioni esistenti prima di sperimentare i contro a soluzione scelta.
L’introduzione di nuove tecnologie o il rinnovamento di quelle già introdotte, infatti, richiede la capacità tecnica di valutare la soluzione tecnologica.
Mutatis mutandis, eccoci ad un altro esempio che abbiamo seguito nello sviluppo dell’idea di impresa e del modello di business attraverso l’articolato percorso ID@azione. Quando abbiamo incontrato la prima volta le persone che hanno poi fondato l’impresa INES, la possibile idea di business era diversa da quanto poi è stato realizzato e il modello di business non era neanche accennato. C’erano le persone con le loro esperienze, capacità e competenze e la volontà di sperimentarsi nella fondazione di un’impresa. L’analisi di fattibilità dell’idea di business messa in campo è stata intramata ad arte col processo di co-costruzione dell’idea d’impresa e del paradigma imprenditoriale, in interazione con lo sviluppo dei propri paradigmi organizzativo e di comunicazione, nonché verificata nella strutturazione del mercato di riferimento.
Partendo da un’esigenza dei produttori di riso di trovare una soluzione impiantistica che consentisse di produrre energia dall’impiego del materiale di scarto della lavorazione dello stesso, è risultata evidente la necessità di un’attività di mediazione competente nella ricerca delle tecnologie adatte a soddisfare quell’esigenza e nella valutazione dell’investimento richiesto fino alle possibilità di finanziamento della soluzione.
Con la pragmaticità che lo sviluppo di un’impresa richiede, i nostri novelli imprenditori hanno affrontato il viaggio dotandosi degli strumenti che hanno consentito loro di non capitolare al canto delle sirene mediatiche che amplificano le ricette della moda del momento, la quale si crogiola nella propria attualità. Hanno quindi scelto di rivolgersi a chi voglia operare una scelta informata ed oculata per i propri investimenti nel campo delle soluzioni energetiche, avvalendosi di professionisti che abbiano la missione di trovare quelle soluzioni che consentano di trasformare il costo dello scarto in valore energetico e che siano adeguate al contesto di riferimento invece che alle scelte industriali del produttore.
È possibile così che nell’era della disintermediazione si aprano comunque spazi di intermediazione conoscitiva, non più fondata sulla logica verticale del potentato, ma su quella orizzontale della mediazione imprenditoriale.
Nel percorso ID@azione la fattibilità di un modello di business non viene vagliata a partire dalle soluzioni dichiarate di successo per altri paradigmi imprenditoriali, ma verificata passo passo nella sua progettazione di valore rispetto al sistema cui si rivolge, per trasformare gli ostacoli di sistema in evoluzione del sistema.
Photo Credits: Seth Doyle / Unsplash