Il lavoro che non c’è
Oggi il lavoro sembra essere un dilemma shakespeariano, una realtà che quasi pare ispirarsi alla penna del noto drammaturgo, fatta di complotti, tradimenti e cospirazioni. In fondo il lavoro sembra tradire il senso del lavoro. E così, mentre qualcuno chiuso nella sua torre d’avorio complotta alle spalle di poveri braccianti senza appezzamenti con ordinanze che rifanno il trucco alla realtà fornendo numeri a rialzo che una volta pendono verso i meli e poi di nuovo verso i peri, gli alchimisti travestiti da improbabili sibille cospirano alle spalle dell’esercito inventando guerre future da combattere per conquistare terre sacre che tardano tuttavia ad arrivare. Forse Shakespeare l’avrebbe raccontata così, ma noi che usiamo il pragmatismo senza volerne abusare, ci domandiamo se oggi nel sistema professionale “non c’è lavoro o si continua a cercare il lavoro che non c’è?” La domanda è lecita visto che spuntano come funghi futurologi che, con un certo impeto, si impegnano a raccontarci cosa succederà, smarrendo tuttavia il senso del presente professionale, come se il futuro fosse futuribile e non semplicemente costruibile. D’altro canto c’è anche chi, dall’alto della propria poltrona, parla di speranza e fiducia affinché “tutto cambi, perché nulla cambi.” Tanto a forza di maquillage, qualcosa succederà, sono i dati a dirlo che, a seconda del provvedimento, una volta sorridono a favore dei diversamente pensionati per poi fare cucù ai giovanissimi in cerca d’autore. E tutti gli altri in mezzo a domandarsi “che sarà di noi?” Mentre cerchiamo risposta a questa domanda, continuiamo a errare nel deserto-lavoro provando a mettere in atto azioni diversive che vanno dal vagare senza meta in attesa che un’oasi si palesi piuttosto che scavare nella speranza che acqua sgorghi dove acqua non c’è. Ma in entrambi i casi, che si scavi o si vaghi, il risultato è lo stesso: insistere per persistere nel “così fan tutti”, perché oggi il lavoro si racconta per quello che non è.
Quando lavoro sono ciò che faccio o faccio ciò che sono?
E se il lavoro fatica a rigenerare il suo senso, tanto vale ricostruire il proprio senso professionale. L’Officina della Comunicazione BLINK non è un placement né un outplacement che mira a piazzare qualcuno in un posto che non c’è, ma un luogo dove costruire il proprio percorso di interazione con il sistema lavoro in cui agire. All’irrisolto dilemma shakespeariano proponiamo quindi l’evoluzione come terza via, spostando l’attenzione dal cercare il ruolo che si è sempre fatto al creare il mestiere che si potrebbe fare, facendo evolvere il proprio paradigma professionale. Con tale finalità, affianchiamo i professionisti attraverso un percorso di group coaching rivolto a creare strategie adattive al sistema lavoro, facilitando in conseguenza mestieri adeguatamente sintonizzati con la propria evoluzione professionale e sostenibili nel sistema-mercato di riferimento.
Una giornata di Group BlinkSolving per te
Se senti di voler cogliere l’opportunità di integrare competenze, abilità e risorse in una visione differente del tuo mestiere o di un mestiere nuovo, ampliando le possibilità di scelta a tua disposizione, l’Officina della Comunicazione Blink ti propone di partecipare al Saturday Group BlinkSolving. Un laboratorio di group coaching di una giornata, in cui potrai effettuare un’analisi strategica di sostenibilità della tua idea professionale e sviluppare insieme un piano d’azione differenziante. Per informazioni o prenotazione scrivici qui
BLINKSOLVER
Cristiana Giacchetti – paradigm maker
Cristina Vaudagna – cultural designer
Rocco Marotta – value elevator
L’Officina della Comunicazione BLINK si rivolge alle imprese protagoniste degli attuali mercati nelle differenti espressioni: aziende, organizzazioni, fondazioni e professionisti, affiancandole nella costruzione e nello sviluppo della propria paradigm strategy con la finalità di far emergere il differenziale ed elevare i risultati d’impresa. (prosegui)