officina della comunicazione
L’abilità ascoltata
Il tema della disoccupazione giovanile, insieme a quello collegato dell’impiegabilità dei giovani, si è guadagnato un posto di rilievo nell’agenda di chi guida il nostro Paese e la visione dell’Europa 2020. In conseguenza anche noi abbiamo deciso di mettere l’argomento nella Top Ten della nostra attenzione. Quindi, con l’obiettivo di mettere a fuoco il problema, anziché cominciare a disquisire di soluzioni, abbiamo condotto una ricerca sul campo per indagare il punto di vista dei giovani sul problema stesso e il ventaglio delle attuali proposte. Così abbiamo raccolto i loro feedback mediante interviste dirette e la diffusione di un questionario a un campione di 80 studenti universitari, ossia coloro che hanno la prospettiva di affrontare il mercato del lavoro in un futuro non troppo remoto e che hanno la possibilità di accedere alle soluzioni attuali nelle varie forme di career service universitari. Tra i molteplici spunti di valutazione emersi spicca su tutti un’illuminante ambivalenza nelle considerazioni dei ragazzi.
Da un lato gli studenti, per il 63% del campione, dichiarano di ricevere dalle loro Università servizi rivolti a fare esperienza del mercato del lavoro – quali ad esempio stage, incontri con esperti, preparazione del CV, simulazione dei colloqui di lavoro, opportunità di candidarsi a job posting o altre attività similari – dato, questo, che trova riscontro nel 64% emerso da un’analisi comparativa condotta su un campione di 21 career service universitari del nord-ovest (80% privati e 20% pubblici). Tuttavia dall’altra, ben il 48% degli studenti indica di avere la necessità di sperimentarsi in attività pratiche che consentano di costruire quell’esperienza e, se a questo dato aggiungiamo che il 10% evidenzia l’esigenza di networking finalizzato all’occupazione, che è ancora un’abilità derivante dall’esperienza, superiamo la metà del campione.
E allora se l’offerta (64%) si concentra verso quelle attività che si ritiene consentano di fare esperienza del mercato del lavoro e gli studenti sono informati di tale offerta (63%), che risponderebbe proprio all’esigenza da loro esplicitata, come mai tale necessità risulta non soddisfatta al punto da far convergere la maggiore necessità dichiarata dei giovani (oltre il 50%) verso tale direzione?
Se confrontiamo questo dato con le risposte che gli studenti danno alla domanda: “ti senti pronto ad affrontare il mercato del lavoro?”, emerge un quadro di maggiore leggibilità del sistema in atto.
La metà del campione non si sente pronto e, se sommiamo chi non sa cosa rispondere e chi si dà a malapena la sufficienza, raggiungiamo un 70% del campione di studenti.
E ancora, se consideriamo la sovrapponibilità tra il sentirsi pronti e la necessità di fare esperienza del mercato del lavoro, risulta abbastanza evidente che le soluzioni attuate, le quali parrebbero rispondere alla necessità dichiarata, messe alla prova dei risultati, sembrano lasciare insoddisfatti i giovani nella loro esigenza più sentita: esperire il contesto professionale.
Arrivati a questo punto, c’è forse da domandarsi cosa s’intenda per fare esperienza.
Ma non fermiamoci a questo, considerato che la percezione diffusa tra gli studenti trova fatalmente riscontro nell’assenza delle Università italiane dalla lista delle 20 migliori Università europee per impiegabilità, lista stilata dalla prestigiosa pubblicazione inglese Timer Higher Education a seguito di un sondaggio fra head hunter e amministratori delegati di alto livello, già richiamata nell’inchiesta condotta per ‘L’abilità discriminata’.
Se la maggioranza dei servizi offerti dai career service universitari converge, dunque, su attività che fanno fare esperienza del mercato del lavoro e l’esigenza di fare quella esperienza rimane non soddisfatta, ci basta dire che quei servizi dovrebbero essere aumentati? Possiamo risolvere il problema dicendoci che dovrebbero essere fatti meglio? Oppure non sarebbe utile chiederci se non sia più funzionale cominciare a pensare ad alternative d’intervento?
Domanda quest’ultima che viene avvallata solo da un 7% dei ragazzi, i quali individuano nel saper costruire una propria strategia l’attività che vorrebbero vedere sviluppata dall’Università. Ma la nostra riflessione viene ancor più convalidata da un bel 45% del campione che ha indicato proprio nell’assenza di strategie il tallone di Achille al raggiungimento dei propri obiettivi. A quanto evidenziato aggiungiamo un 31% che invece non sa come mettere in azione ciò che sa fare e, dunque, sembra non sentirsi in grado di fare un piano d’azione.
Abbiamo, quindi, confrontato quanto fin qui emerso con un altro aspetto indagato, ossia che il 68% degli studenti del campione ha dichiarato che il principale cambiamento del sistema lavoro rispetto alla generazione dei propri genitori riguarda la sfera dell’incertezza.
Dunque dobbiamo continuare a fornire ai giovani le regole del gioco del mercato del lavoro e strumenti preconfezionati di accesso a un sistema sempre meno predittivo? Oppure i nostri ragazzi hanno la necessità di saper costruire strategie che consentano loro di orientarsi nel mare magno dell’incertezza? Un po’ come dire che, usando parole care a noi b_linkisti, “la certezza dell’incertezza è già una gran certezza” (filosofatrice).
Ecco che fa la sua comparsa il grande assente nell’offerta di formazione ed orientamento delle Università nostrane: la progettazione, relegata al solo 2% dell’offerta formativa del campione osservativo. Quel campo d’intervento che ci consente di fare il saltus da un’esperienza predittiva ad una adattiva, in quanto ci dota della bussola per navigare nel mare dell’ignoto e per costruirsi la propria professione in un sistema-lavoro mutevole e imprevedibile.
Come ci ha mirabilmente insegnato Nassim Nicholas Taleb nel suo famoso testo sul fenomeno del cigno nero, “sapere di non poter fare previsioni non significa non poter trarre profitto dall’imprevedibilità”, ma per fare questo occorre sapersi costruire le proprie strategie e i propri piani d’azione, come i ragazzi hanno colto nella manifestazione delle loro esigenze, non appena le loro risposte si sono spostate dalla valutazione di ciò che c’è all’espressione delle loro necessità.
E proprio ascoltando il percepito del campione in merito all’adeguatezza della formazione accademica per la preparazione ad affrontare il mercato del lavoro emerge che il 42% dello stesso la considera insufficiente, il 14% appena sufficiente e ben il 7% non sa neanche cosa rispondere, lasciando solo a un 37% chi la ritiene invece adeguata, senza trovare riscontri però nei punteggi alti della classifica.
A fronte di quanto emerso, ci sembra utile considerare che, se nelle nostre valutazioni sugli interventi da realizzare manteniamo il focus sull’efficacia delle soluzioni in atto, può accadere che ci perdiamo la possibilità di vedere eventuali alternative che rispondano a ciò che non trova ascolto in ciò che già c’è, orizzonte che suona molto affine al ‘così fan tutti’. Proprio quel ‘così fan tutti’ buttato fuori dalla porta in quanto bollato quale espressione della mentalità burocratica più retriva, ma che vediamo rientrare dalla finestra con l’abito nuovo dei trend da seguire, delle regole d’oro per affrontare il mondo del lavoro o per scrivere un CV vincente, approccio questo che presta il fianco al rischio più grande, ossia non corrispondere a ciò che chiede chi si vorrebbe aiutare.
Per noi b_linkisti l’ascolto di chi ha il problema per l’individuazione dei punti d’intervento e la co-costruzione di percorsi di soluzione è l’azione che precede la messa in campo di progettualità adattive.
Quindi, ci siamo messi all’opera nella nostra officina, pronti a facilitare la progettazione dell’abilità professionale dei ragazzi e desiderosi di partecipare all’emersione nel nostro Paese del loro sguardo sul futuro.
Il campione della ricerca e dell’analisi osservativa
Numero di studenti intervistati: 80
Composizione del campione: 10 Atenei del Nord-Ovest, di cui 5 pubblici e 5 privati
Numero di Università analizzate: 21
Composizione del campione: Area Nord-Ovest, di cui l’80% private e il 20% pubbliche
Photo credits: Unsplash / Angello Lopez