officina della comunicazione

Il valore partecipato

CHARLIE'S SUGGESTION

Raccontarsi non è sempre facile. A volte si rischia di esporre per sottrazione, ovvero sottrarre dalla storia elementi essenziali oppure al contrario si rischia di essere percepiti come celebrativi grazie a sviolinate narrative che tolgono senso più che aggiungere senso. Senza considerare l’essere addirittura troppo tecnici rispetto magari all’obiettivo, come in questo caso, di raccontare un’esperienza partecipata in cui la sensazione vissuta acquista più valore del processo agito.
L’antefatto è questo: a dicembre ci domandiamo “cosa regaliamo al nostro network quest’anno per Natale?” Dopo varie riflessioni e aver giocato al toto-regalo, abbiamo deciso di omaggiare chi ci conosceva, ma non solo, del nostro capitale, ovvero il tempo. Dato che il tempo è quello che ognuno può concretamente mettere a disposizione dell’altro per creare scambio, riflessione e costruzione, abbiamo scelto di organizzare alcune giornate rivolte alle imprese che, giusto per rimanere in tema di tecnicismi, volessero essere affiancate dai sottoscritti con un’analisi strategica del loro modello di impresa. Ma questa è un’altra storia. Già perché nell’ambito del nostro Christmas Gift, il BlinkSolving  per la precisione, abbiamo deciso di organizzare anche un laboratorio, nella modalità del group coaching, rivolto invece ai professionisti, che per noi costruiscono un’impresa professionale al pari di qualsiasi altra impresa. Ed eccoci arrivati al punto. Volevamo raccontare quell’esperienza ma attraverso un punto di vista differente, cioè di chi quell’esperienza l’ha vissuta. Così abbiamo chiesto proprio ad uno degli audaci professionisti partecipanti di raccontare quel 16 dicembre. E nel farlo abbiamo scelto chi, grazie alle sue competenze e passioni, potesse utilizzare una sua peculiarità, la forza della delicatezza, per raccontare come il singolo possa acquistare un valore maggiore grazie al gruppo. Il risultato di questa storia per noi ha oltrepassato ogni aspettativa, raggiungendo l’obiettivo, ma allo stesso tempo superandolo, perché ci ha permesso, da progettisti della comunicazione, di dare nuovo senso alla costruzione di senso che quotidianamente sosteniamo. Ma ora lascio la parola all’intensa pennellata di Ilaria Bo.

 

Officina è una parola che sembra piuttosto insolita per i nostri tempi. È qualcosa che ricorda il passato, eppure oggi si ripropone, in differenti ambiti, per acquisire un senso differente. Se rifletto su questo termine, sulla base delle mie conoscenze e dei miei ricordi, penso a un luogo dove si crea, si costruisce, ma anche si ripara e si revisiona.

Nel passato si costruivano e si riparavano macchinari. Oggi l’officina può dare il volto ad altre realtà. Meno manuali e più intellettuali, ma non per questo meno rilevanti.

Ho avuto il privilegio di conoscere un’officina inusuale. Un’officina dove comunque si crea, si costruisce e si revisiona. Non macchine, non oggetti, ma la comunicazione. Detta così potrebbe sembrare un no-sense, ma ora vi spiegherò meglio quella che è stata la mia esperienza, presso OdC BLINK, dove OdC sta proprio per “Officina della Comunicazione”.

photo: il blinkario dell’Officina della Comunicazione BLINK

Da un po’ di tempo ero alla ricerca di una realtà nel mondo della comunicazione che potesse in qualche modo aiutarmi a trovare le risorse personali e professionali adeguate per realizzare il mio progetto che, in sintesi, è utilizzare il webwriting e la fotografia per promuovere e valorizzare il territorio della Liguria di Levante e di Genova, facendone una professione a tutti gli effetti.

Con grande fortuna e non per caso, al quale io non credo – e ci tengo a sottolinearlo – FB mi ha proposto tra le pagine sponsorizzate un nome che mi ha colpita subito, perché aveva qualcosa di diverso rispetto ai nomi di tutte le web agency o agenzie di comunicazione incontrate fino a quel momento, e infatti non lo era, perché come raccontavo prima, è un’officina della comunicazione, BLINK per l’appunto.

Il mio sesto senso non mi ha mai tradito. Così, sulla scia di questo trasporto ho osato e ho contattato su Messenger questa Officina della Comunicazione che tanto mi affascinava, con l’estrema fiducia che il mio interlocutore avesse qualcosa di speciale da offrirmi. E così è stato. Per farla breve e arrivare al nocciolo della questione, ricevo l’invito da parte di Rocco Marotta, project manager di OdC Blink, a partecipare il 16 dicembre a Milano a un Group BlinkSolving, ovvero un group coaching di una giornata rivolto a effettuare un’analisi strategica di sostenibilità della propria idea professionale. Entusiasta per l’invito e per come si sarebbe prospettata la giornata, accetto con il mio solito entusiasmo.

Il mio intuito, insieme alla passione iniziale sono stati ripagati al 100% e ora vi racconterò perché.

Non avevo un’idea precisa di come si sarebbe svolta la giornata, tecnicamente parlando. L’adrenalina era a mille: da un lato per un’esperienza per me nuova con il timore di non sentirmi all’altezza, dall’altro perché avevo aspettative molto elevate da questo incontro. Inoltre non sapevo nemmeno quante altre persone avrebbero partecipato insieme a me a questa giornata speciale. Tante domande affollavano la mia testa, ma in fondo al cuore, qualcosa mi diceva che in quell’ambiente mi sarei sentita completamente a mio agio, grazie a tutte le persone che avrei incontrato. Vale a dire sia chi partecipava come me in qualità di professionista-progettista, sia chi professionista lo era già.

Blink è un’officina estremamente accogliente dove si respira un clima confidenziale e molto amabile, ma allo stesso tempo di elevato valore professionale. Al mio arrivo sono stata accolta dallo staff, ovvero dai b_linkisti, che già avevo “sbirciato” sul web, da buona curiosa quale sono. Non amo le sviolinate di parole, nemmeno i complimenti a tutti i costi. Sono fermamente convinta che i pensieri di valore vadano espressi sempre, per gli altri ma anche per noi stessi. Quindi preparatevi a parole di lode per Cristiana Giacchetti, Cristina Vaudagna, Rocco Marotta e Matteo Martinuzzi, sia dal punto di vista professionale che umano, per ciò che sono riusciti a trasmettere in “sole” sette ore di b_link “laboratorio”.

Anche i miei colleghi aspiranti professionisti sono altrettanto degni di lode, sono stati i miei fantastici compagni di viaggio in questa proficua avventura b_linkista. Con loro, durante lo svolgimento delle varie esercitazioni, mi sono sentita a casa, come se ci conoscessimo da sempre.

photo: Ilaria Bo – autrice dell’articolo e webwriter

Ed è qui che vorrei porre l’accento della giornata. Per chi legge vorrei dire che non mi soffermerò sulla parte propriamente tecnica dell’esperienza, quanto piuttosto sul valore aggiunto che è emerso, proprio attraverso le esercitazioni. Il filo conduttore degli esercizi è stata infatti la partecipazione ai progetti di ognuno di noi. Abbiamo quasi sempre lavorato a coppie e ciò ha permesso di mettere in atto due dinamiche molto importanti. Il raccontare reciprocamente, con modalità e tempistiche differenti, a seconda del caso, il proprio progetto lavorativo ha messo in evidenza sia il nostro modo di comunicare e quindi ciò su cui, eventualmente, lavorare e gli aspetti da potenziare, sia le risorse e il valore aggiunto di ciascuno.  Lo scopo delle esercitazioni, guidate principalmente da Cristiana Giacchetti in un gioco di tandem con Cristina Vaudagna, era quello di creare una cornice personale per ognuno degli aspiranti professionisti, con la funzionalità di diventare il nucleo di partenza da cui sviluppare il proprio progetto. La condivisione a coppie prima e di gruppo in seguito, sempre sotto la preziosa guida dei nostri facilitatori, o “story makers” come amano definirsi loro, ha messo in evidenza, per ognuno di noi, la perla di ogni progetto, rimandando anche al concetto che la perla racchiude in sé. E cioè che la perla è un oggetto prezioso che nasce in seguito ad un’azione fastidiosa e indesiderata: la sabbia che entra nella conchiglia dell’ostrica. Una metafora molto efficace sulla quale abbiamo riflettuto, perché la perla rappresenta la trasformazione di un fallimento in un’opportunità.

In questo continuo processo di condivisione, tengo a dire che non è mai emerso nessun tipo di competizione. Io ho percepito questo e mi sento di affermarlo con convinzione. So che i miei compagni di viaggio sarebbero d’accordo con me! Il frutto della guida dei nostri coach è stato la creazione di una squadra, il cui obiettivo era vincere insieme, sostenendoci l’un l’altro con la forza delle nostre peculiarità. Ecco perché la giornata del 16 dicembre per me è stata un grande risultato dove è emerso un modello di coworking che sarebbe auspicabile applicare sempre nell’ambito professionale.

In conclusione, ma non perché meno importante, vorrei focalizzare l’attenzione su un aspetto per il quale OdC Blink si differenzia dalle altre realtà che operano nello stesso settore. Un aspetto che mi piace definire straordinario, perché inconsueto. Nessun altro professionista del settore mi aveva mai proposto una giornata così. Mi riferisco al tempo prezioso che, insieme alla messa a disposizione delle loro competenze, i nostri facilitatori hanno investito per creare valore nella vita di chi, come me e altri professionisti o aspiranti tali, vuole realizzare il proprio progetto lavorativo. È proprio grazie a questo “modus operandi” che ci siamo sentiti i protagonisti di questa eccezionale esperienza.

 

Grazie a tutti

a cura di Ilaria Bo

 

Se anche tu vuoi aderire alle nostre giornate del Saturday Group Blinksolving o richiedere informazioni scrivici qui, se invece vuoi approfondire l’argomento ti suggeriamo di leggere “Il lavoro che non c’è