Il degrado che aggrada
Chi conosce davvero bene la regione Marche? Tra vizi e virtù, ce la raccontano un gruppo di anonimi e inusuali ‘osservatori’ dei tempi che cambiano. Un modo come un altro, ma ben diverso da tanti altri, per continuare a tenere accesi i riflettori sul terremoto e la ricostruzione

CHARLIE'S SUGGESTION

Sono un gruppo di giovani marchigiani o forse adulti o forse anziani. Ma poco importa. Di loro non sappiamo molto, tranne che sono gli ideatori e narratori di Degrado Post Mezzadrile, un vero e proprio movimento virtuale con tanto di fans page su facebook  e blog in cui viene raccontato con lucida ironia il nuovo tempo del vivere marchigiano.

Sul sito, alla voce “chi siamo” scrivono che vogliono restare “nascosti”, che sono “3 amici figli delle Marche sporche che provano a raccontare i vizi e le virtù di un territorio straordinariamente diviso tra ciò che fu e ciò che è”. Precisano anche che “dietro questa nostra scelta di ‘anonimato’ c’è solo la voglia di raccontare il nostro amato/odiato territorio con dissacrante ironia e franchezza, senza alcun filtro ma soprattutto senza render conto a nessuno”.

E quindi come non condividere tanta audacia narratoria? Un’audacia comunicativa che non è solo irriverenza ma che coincide con quello che noi abbiamo ribattezzato come il keen di un blinkmaker, ovvero la capacità di “essere acuto e tagliente”, quella risorsa di vitalità e leggerezza che permette di osservare ciò che non va e sorridere per creare nuove opportunità.

È per questo che dopo averli scoperti, aver pianto dal ridere nel leggere le loro storie, li abbiamo “stanati” e intervistati. Ecco cosa ci hanno raccontato.

Come nasce Degrado Post Mezzadrile? 

Avete presente quella canzone di Guccini che fa “la grazia e il tedio a morte di vivere in provincia?”. Ecco, nasce da qualcosa di simile. Siamo la terra di mezzo per eccellenza, fateci caso. Ogni volta che un giornale o un istituto di statistica pubblicano una classifica delle regioni italiane, le Marche sono a metà. Ricchezza, povertà, delinquenza, consumo di droga, alcol, frutta e verdura, presenze in chiesa, affluenza alle urne, incidenti stradali. Sempre lì nel mezzo, ecco perché nessuno si ricorda di noi. Invece abbiamo tanto da dire e in qualcosa pensiamo di essere primi: non ci prendiamo troppo sul serio e non manchiamo di ironia.

Quale obiettivo ha?

Sorridere e far sorridere. Delle nostre debolezze, di vizi, virtù, bellezze e brutture. Pensiamo che non esistano storia o personaggio indegni di essere raccontati. Inoltre è ora di un riscatto delle “Marche zozze” e del dialetto locale.

Qual è la vostra filosofia?

Per epoca post mezzadrile intendiamo un periodo abbastanza ampio, all’incirca l’ultimo mezzo secolo, il passaggio di tre generazioni, il boom economico, la crisi, il tentativo di reinventarsi in altri settori e l’incertezza del nostro tempo. Per dirla col vincitore dell’ultimo Sanremo, “l’evoluzione inciampa”. Per la prima volta la generazione attuale è messa peggio di quella precedente. Ce n’è abbastanza per parlare di degrado, no? E allora proviamo almeno a divertirci.

Attraverso l’ironia parlate e affrontate temi sociali e di attualità. Da dove prendete ispirazione?

Conosciamo queste terre, ci viviamo. Basta guardarsi intorno e nasce qualche spunto; le cronache quotidiane spesso ci forniscono ispirazioni irrinunciabili, come capitato appena qualche giorno fa con la notizia di un rave party a Piane di Falerone, due robe, per chi non è del posto, che stanno insieme come Al Bano e gli Iron Maiden. Come potevamo tralasciare l’argomento? Poi ci sono i fans della nostra pagina, che ci forniscono continuamente materiale esilarante. Il Degrado è di tutti!

Come state affrontando il Terremoto Marche?

Questa è una domanda un po’ più complicata. Un personaggio di un libro diceva che c’è un solo modo per raccontare la vita: col sorriso sulle labbra e le lacrime agli occhi. Diciamo che ci stiamo provando. Ma nei momenti più drammatici sarebbe stato davvero fuori luogo trovare qualcosa di cui ridere ed è stato naturale alzare il piede dall’acceleratore. Non puoi spargere umorismo a piene mani mentre a due passi da te c’è gente che ha perso tutto o soffoca sotto metri di neve. O almeno, noi non ci siamo riusciti. Nous ne sommes pas Charlie.

Quali punti avete messo in evidenza?

La semplicità e la dignità della nostra gente. I tesori di un territorio, spesso sconosciuti, da scoprire e salvare. La malinconia per alcuni luoghi del cuore devastati, che sono quelli delle merende fuori porta, della prima sciata o del capodanno in montagna con gli amici, delle escursioni sui Sibillini e delle Pasquette appratati col boccione di vino, dell’infiorata e delle soste per chi gira in moto. Abbiamo anche evidenziato alcune assurdità dei media, che hanno dedicato ore di servizi a informarci che il terremoto si è sentito anche a Roma e la gente ha preso paura. Le migliaia di persone circondate da macerie hanno vissuto con molta apprensione il fatto che anche i lampadari della capitale abbiano oscillato.

Cosa non sta funzionando nel post terremoto?

Premessa: questo è con ogni probabilità il sisma più difficile da gestire nella storia d’Italia, per ripetitività e per estensione delle aree colpite. Ma come in molti hanno denunciato, il mostro è la burocrazia. Cervellotica, elefantiaca, contraddittoria. La sensazione diffusa è che la preoccupazione principale sia stata evitare che sul terremoto banchettassero i ladri. Ma è possibile che in questo Paese l’alternativa alle ruberie sia la paralisi?

Come si conciliano l’utilizzo della leggerezza e dell’auto-ironia nonostante la tragicità degli eventi?

La leggerezza è uno stile di vita, uno stato di grazia che va al di là di quello che ti capita. Se poi in pochi mesi ti succedono più sciagure del Nebraska, com’è avvenuto di recente al centro Italia, restare leggeri diventa difficile, ma abbiamo almeno il dovere di provarci.

Terremoto Marche, cosa possiamo fare noi da qua per voi che siete là?

Se c’è un aspetto bello di questi mesi è stata un’ondata di solidarietà straordinaria, ma soprattutto autentica, di tanta gente che non si è limitata al bollettino o all’sms, ma si è rimboccata le maniche e fisicamente si è data da fare. Quello che potete fare è parlarne, continuare a tenere i riflettori accesi su questa zona, fino a quando la ricostruzione sarà un fatto e non solo un’intenzione.

illustrazione: @Marco Genesio Marinangeli